venerdì 30 maggio 2014

Di partenze e di ritorni, ovvero #nessunanuovabuonanuova


Questo sarà un lunghissimo week end di partenze e di ritorni. Un week end impiegato a preparare e a disfare valigie e zaini. Un week end iniziato ieri mattina, con la partenza di Michela per il camposcuola con tutti i bambini dell’ultimo anno della materna. Certo che, per quanto non fosse laprima volta che ho accompagnato uno dei miei figli al pullman (o al treno!), è stata una grandissima emozione!
Sabato pomeriggio poi, se ne andranno tutti e tre all’uscita di gruppo con gli scout. E io me ne starò qui, a sgranare il rosario a suon di #nessunanuovabuonanuova perché, in queste occasioni, se nessuno ti chiama vuol dire che va tutto bene.

Ad affrontare e sopravvivere alla partenza dei figli, senza avere contatti telefonici continui e costanti con loro, l’ho imparato già ai tempi dei soggiorni estivi per i figli dei dipendenti di Telecom Italia. Ben 14 giorni senza poter telefonare ad ogni piè sospinto per chiedere che-hai-fatto-oggi-?-Ti-sei-divertito-?-Che-hai-mangiato-?-Hai-indossato-la-canottiera-pulita-? Agli occhi del resto del mondo è sempre sembrata una deplorevole follia, lasciare i figli in balìa di estranei, senza che noi genitori potessimo interferire 24 ore su 24, tutti i giorni, per 14 giorni. Però in effetti per il bambino, ricevere la telefonata dei genitori che, sistematicamente, arriva nel momento meno opportuno (durante il gioco, la doccia, la cena, le attività serali), rappresenta un fuori programma difficile da gestire. Viceversa, essere lui a telefonare a casa in giornate e orari prefissati lo mette al riparo da emozioni troppo forti, che avrebbero come unico effetto il crollo di un equilibrio tanto faticosamente raggiunto.
La stessa filosofia l’ho ritrovata alla base dell’esperienza scout a tutti i livelli, dalla colonia dei castorini al clan, passando per branco e reparto. Addirittura, il calendario della colonia prevede un pernottamento al mese, perché più sono piccoli più i bambini faticano ad ambientarsi e, stare fuori una sola giornata, sarebbe per loro unicamente una fonte di stress.

Nonostante io abbia sempre argomentato le nostre scelte in maniera altamente scientifica, ormai sono stata radiata dalla categoria delle mammechiocce. Ma io sono davvero (e voglio davvero essere) una mammachioccia? Che poi, diciamolo, pur volendo non la so proprio fare, la mammachioccia. D’altra parte, io che sono sempre stata una ragazzina autonoma e indipendente, ai miei figli posso solo insegnare ad essere autonomi e indipendenti.

A tutto questo pensavo giovedì sera, mentre Michela sceglieva da sola i tre cambi completi da mettere in valigia, vestito per la serata disco compreso. E a tutto questo pensavo quando, la mattina dopo, l’ho vista ridere e scherzare spensierata con i suoi compagni. Un pullman gremito di bambini di età compresa tra i 5 e i 6 anni, e nessuno di loro che si producesse in pianti accorati e disperati.

Per quanto lei sia più mammona di quanto non lo siano stati i suoi fratelli alla stessa età, nei momenti di distacco (quello vero), Michela non ha mai dato segni di cedimento o crollo emotivo, anzi! Per non parlare poi del giorno dopo, quando tu ti aspetteresti di vedertela correre incontro per abbracciarti stretta stretta e non mollarti più… Ecco, devo smetterla di nutrire certe aspettative! Perché, quando puntuale come un orologio (neanche avessi il DNA di uno svizzero) ti presenti “all’appuntamento del ritorno” e ti accorgi, invece, della serenità con cui i tuoi figli viaggiatori riescano a ignorarti, presi ancora dai loro compagni, dai giochi e da un viaggio che non è ancora un ricordo, ti rendi conto quanto sia importante donare loro, sin dalla più tenera età, l’opportunità di vivere mirabolanti avventure senza di te.

Per tutto il resto c’è #nessunanuovabuonanuova.

1 commento:

  1. è proprio così. lasciamoli andare, avremo dei figli felici. ciao!!!!

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Se mi commenti, io sono contenta!

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