Questo sarà un lunghissimo week end
di partenze e di ritorni.
Un week end impiegato a preparare e a disfare valigie e zaini. Un week end
iniziato ieri mattina, con la partenza di Michela per il camposcuola con tutti i
bambini dell’ultimo anno della materna. Certo che, per quanto non fosse laprima volta che ho accompagnato uno dei miei figli al pullman (o al treno!), è stata una grandissima
emozione!
Sabato
pomeriggio poi, se ne andranno tutti e tre
all’uscita di gruppo con gli scout. E
io me ne starò qui, a sgranare il rosario a suon di #nessunanuovabuonanuova
perché, in queste occasioni, se nessuno ti chiama vuol dire che va tutto bene.
Ad affrontare e sopravvivere alla
partenza dei figli, senza avere contatti telefonici continui e costanti con
loro, l’ho imparato
già ai tempi dei soggiorni estivi per i figli dei dipendenti di Telecom Italia.
Ben 14 giorni senza poter telefonare ad ogni piè sospinto per chiedere che-hai-fatto-oggi-?-Ti-sei-divertito-?-Che-hai-mangiato-?-Hai-indossato-la-canottiera-pulita-?
Agli occhi del resto del mondo è sempre sembrata una deplorevole follia,
lasciare i figli in balìa di estranei, senza che noi genitori potessimo
interferire 24 ore su 24, tutti i giorni, per 14 giorni. Però in effetti per il
bambino, ricevere la telefonata dei genitori che, sistematicamente, arriva nel
momento meno opportuno (durante il gioco,
la doccia, la cena, le attività serali), rappresenta un fuori programma difficile da gestire.
Viceversa, essere lui a telefonare a casa in giornate e orari prefissati lo mette al riparo da emozioni troppo
forti, che avrebbero come unico effetto il crollo di un equilibrio tanto
faticosamente raggiunto.
Nonostante
io abbia sempre argomentato le nostre scelte in maniera altamente scientifica, ormai
sono stata radiata dalla categoria delle mammechiocce. Ma io sono davvero (e voglio davvero essere) una mammachioccia?
Che poi, diciamolo, pur volendo non la so proprio fare, la mammachioccia. D’altra parte, io che sono sempre stata una
ragazzina autonoma e indipendente, ai miei figli posso solo insegnare ad essere
autonomi e indipendenti.
A tutto
questo pensavo giovedì sera, mentre Michela sceglieva da sola i tre cambi completi
da mettere in valigia, vestito per la serata
disco compreso. E a tutto questo pensavo quando, la mattina dopo, l’ho
vista ridere e scherzare spensierata con i suoi compagni. Un pullman gremito di
bambini di età compresa tra i 5 e i 6 anni, e nessuno di loro che si producesse
in pianti accorati e disperati.
Per quanto
lei sia più mammona di quanto non lo
siano stati i suoi fratelli alla stessa età, nei momenti di distacco (quello vero), Michela non ha mai dato
segni di cedimento o crollo emotivo, anzi! Per non parlare poi del giorno dopo, quando tu ti aspetteresti di
vedertela correre incontro per abbracciarti stretta stretta e non mollarti più…
Ecco, devo smetterla di nutrire certe aspettative! Perché, quando puntuale come
un orologio (neanche avessi il DNA di uno
svizzero) ti presenti “all’appuntamento del ritorno” e ti accorgi, invece,
della serenità con cui i tuoi figli viaggiatori
riescano a ignorarti, presi ancora dai loro compagni, dai giochi e da un
viaggio che non è ancora un ricordo, ti
rendi conto quanto sia importante donare loro, sin dalla più tenera età, l’opportunità
di vivere mirabolanti avventure senza di te.
Per tutto
il resto c’è #nessunanuovabuonanuova.
è proprio così. lasciamoli andare, avremo dei figli felici. ciao!!!!
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