sabato 30 aprile 2011

Si sono sposati (49 di 365)

Foto da express-news.it


Fino a ieri mattina non avevo nessuna intenzione di dedicare neanche un battito di ciglia alla visione del Royal Wedding.

Poi però, ho scoperto che qualcuno avrebbe commentato in diretta l’evento, e non ho resistito. Così mi sono unita all’allegra compagnia e, anche se a pezzi e bocconi, mi sono ritrovata a far parte di quel paio di miliardi di persone che ieri hanno assistito al Matrimonio del secolo, senza aver dovuto spendere una fortuna in abiti, trucco e parrucco.

Premetto che di questa neo coppia reale io conosco a mala pena i nomi. Non sono una persona informata sui fatti. Non lo sono e non voglio neanche esserlo. E sono contenta per questo, perché non mi sento condizionata.

Non penso, come invece qualcuno ritiene, che Kate la “commoner” abbia realizzato il sogno di tutte noi, comuni mortali. Lei ha realizzato il suo.

Non mi sono piaciuti i commenti che ho sentito (pochi, pochissimi), che questo matrimonio sia stato solo il frutto di un freddo calcolo (avete presente la Matrigna di Cenerentola?).

Non mi è piaciuto l’unico accenno che ho avuto dell’esistenza di un contratto prematrimoniale, firmato dalla sposa, nel quale dichiarava che, in caso di divorzio, avrebbe rinunciato alla custodia dei figli.

Mi è piaciuto ancor meno però, che ogni passo, ogni mossa, ogni sillaba (persino il bacio dal balcone) sia stato provato e cronometrato millemila volte.

Mi piace, invece, credere alla favola. Ho bisogno di credere alla favola

La ragazza borghese che conquista il cuore del Principe Azzurro perché, nonostante lui sia Azzurro, lei non si scompone e si mostra per quella che è, ovvero bella, intelligente, brillante e determinata come tante altre. E lui, Azzurro, abituato magari ad avere tutte ai suoi piedi, perché bello e perché Principe, sceglie lei perché, tutto sommato, il cuore non conosce colori (ho scoperto che il sangue blu è un bluff) né estrazioni sociali.

Fortunatamente oggi è il 30 aprile, noi siamo sopravvissuti al mediawedding, e loro pure. 

mercoledì 27 aprile 2011

Il nostro triduo pasquale (48 di 365)



Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi non è proprio il motto che fa al caso nostro, tant’è vero che quest’anno, anziché passare la Pasqua noi cinque “soli” ad Arcinazzo, abbiamo cambiato cucuzzolo per stare con il resto della famiglia.

E così, dopo aver assistito alla messa del Giovedì Santo (per la verità siamo andati via poco prima che iniziasse il rito della lavanda dei piedi), il venerdì sera abbiamo partecipato alla Processione del Cristo Morto, in quel del paesino umbro. Per la gioia del parroco, i miei figli hanno voluto far parte del corteo. Portavano le fiaccole accanto e dinanzi al Vescovo.

L’origine di questa processione, a carattere penitenziale, risale al Medio Evo (anche se pare
che per un paio di secoli ne venne vietata l’esecuzione) e vi prendono parte personaggi in costume.
Hanno aperto la processione una ventina di penitenti. Uomini incappucciati con indosso una lunga veste nera. A piedi scalzi, trascinavano grosse catene alle caviglie e pesanti croci sulle spalle.
A seguire, gruppi di crociferi che portavano alte croci rivestite in carta ed illuminate all’interno con delle candele e, subito dopo, un gruppo di bambine in abito della Prima Comunione, portavano in mano i simboli della passione: la corona di spine, la veste, le Scritture, i dadi con cui i romani giocavano ai piedi della Croce.
Poi il catafalco con il corpo ligneo del Cristo, affiancato da 4 portabandiere.
Un centurione romano a cavallo.
Il vescovo e i prelati, preceduti ed affiancati dai chierichetti con le fiaccole
Il Simulacro della Vergine Dolente
Gli appartenenti alla Confraternita seguiti dalle Pie Donne, che intonavano il Miserere e lo Stabat Mater.

E’ stato molto suggestivo ed emozionante.

Ad un tratto, tra la folla, una vocina ha esclamato “Ecco mamma! Voglio andare da mamma!” E così mi sono fatta un piccolo tratto con la Briciola in braccio che, dopo poco, ha chiesto di tornare a casa perché stanca.
Io, invece, ho seguito il percorso, fino a tornare in Chiesa e a recuperare gli altri due figli.

Siamo ancora in “clima” pasquale, quindi mi astengo dal fare alcune considerazioni che, però, prima o poi mi deciderò ad esternare… Per ora mi porto ancora nel cuore gli occhi emozionati dei miei figli e l’esclamazione di Tommy, all’uscita della Chiesa “Mamma! È stata l’esperienza più bella della mia vita!”

Sulla strada del ritorno, ci siamo fermati nelle sale parrocchiali in cui venivano offerti panini con burro e alici (in alternativa, sgombro) e bicchieri di vino… Noi abbiamo preso solo i panini!

Tornati a casa, convinta che l’avrei trovata sveglia e un pochino spaventata per lo spettacolo cui aveva parzialmente assistito, ero pronta a tranquillizzare Michela. A dirle che quegli uomini incappucciati non erano “cattivi”, e che le catene non gli facevano male, visto che erano tenute alle caviglie con dei nastri di stoffa.

Invece, l’ho trovata che dormiva beatamente e, al suo risveglio, mi ha chiesto se anche io avessi visto le “streghe con i fiocchetti”.

Sono stati 4 giorni in famiglia e di famiglia. Circondati dagli affetti più cari e, complice una tecnologia che mal si sposa con i cucuzzoli, il pc ha solo cambiato aria e noi abbiamo veramente staccato la spina

giovedì 21 aprile 2011

Un giorno indimenticabile, anzi tre. Facciamo sei (47 di 365)


Tra le esperienze indimenticabili della mia vita, il posto d’onore spetta ai miei figli.
Ricordo perfettamente il giorno in cui ho “scoperto” di aspettarli e il giorno in cui sono venuti al mondo.

Il giorno della scoperta

Il primo test di gravidanza l’ho fatto il 12 maggio 2001. Era un sabato mattina. Avevo deciso di capire se la mia stanchezza perenne fosse dovuta alla primavera, ormai inoltrata, o a qualche altra causa di forza maggiore. 
Primavera 0 – Forzamaggiore 1

Il secondo test l’ho fatto il 24 marzo 2003, dopo che avevo passato il primo giorno di primavera abbracciata al gabinetto. “Influenza” dicevo io, sapendo perfettamente che sotto sotto gatta ci covava!

Il terzo l’ho fatto il 1 agosto 2007. Giorno che metaforicamente ho sempre considerato di rinascita. Nel giorno in cui chiudevo per sempre la porta della casa di mamma, passando il testimone ad una nuova, giovane famiglia, la nostra dava il benvenuto ad un nuovo briciolo (anzi, briciola!).

Il giorno in cui sono venuti al mondo

L’ho più o meno, sempre a modo mio , raccontato nella mia prima intervista ufficiale su genitoricresccono

venerdì 15 aprile 2011

Un viaggio speciale (46 di 365)


Non l’avevo mai fatto… Un piccolo viaggio senza la mia famiglia (se si escludono le trasferte in ospedale per le pratiche“nascita”) , non l’avevo mai fatto.

Venerdì scorso all’ora di pranzo, ho caricato quella che è stata definita la mia “torpedo blu” e, dopo aver temuto di aver fatto fuori il fusibile della freccia di destra, che continuava a lampeggiare nonostante io manovrassi la leva… dei tergicristalli, sono partita alla volta dell’uscita autostradale di Orte, dove avevo appuntamento con la mia amica Bianca, che ringrazio di cuore per avermi portato con sé, perché sicuramente questo viaggio da sola non l’avrei fatto.

Dopo un viaggio di 4 ore fatto di risate a crepapelle fino alle lacrime, siamo arrivate a Rimini.

E’ stato come tornare indietro di 20 anni, quando andavo a dormire a casa delle compagne del cuore. L’unica differenza è che stavolta, a 380Km di distanza, c’erano le 4 persone più importanti della mia vita che, alla sera, avevano nostalgia di me! E il mio grazie va mio marito che, nonostante trascorrere un intero week end solo con tre bimbi sia un pochino faticoso, non ha minimamente ostacolato il mio desiderio di partire.

Ma, al di là del piacere di “staccare la spina” e di passare un paio di giorni con le mie Amiche, e farmi il taglio e la piega migliore degli ultimi 10 anni, che ci sono andata a fare a Rimini?

In effetti non avevo scritto nulla in proposito quasi per scaramanzia, per la serie: fino a che non parto e ritorno non ci credo che sia possibile.
Ebbene si. Io che al momento del concepimento ho dimenticato di mettere in valigia la vena artistica e creativa; io che mi metti in mano un paio di ferri da calza e io ti ci organizzo un barbecue allo spiedo in quattro e quattr’otto; io che mi dai un pezzo di feltro e te lo uso come zerbino; io, proprio io, ho preso parte alla fiera Mondo Creativo che si è svolta a Bologna, per l’appunto la scorsa settimana, dall’8 al 10 aprile.

E l’evento nell’evento è stato il Raduno delle Blogger Creative… io l’ho detto, non sono creativa (tanto non se ne è accorto nessuno) però ci sono andata lo stesso! E ho avuto modo di conoscere persone nuove, di rivedere qualcuno già incontrato e rinforzare vecchie amicizie. E’ stata anche l’occasione di incontrare e rincontrare le amiche del forum, diciamo una sorta di miniraduno.

Compito principale delle Blogger Creative, scelte per l’occasione, era quello raccontare e documentare la fiera in tempo reale. Ed ecco che all’opera c’erano le “nostre” Mammafelice e Speedy Creativa. E poi c’erano A mouse on a table, Barbydea, BimBumBeta, Chiara Consiglia, Coccole di Fimo e Roberta Filava Filava, che per tre giorni non ha fatto che coordinare creative reali ed occasionali nella realizzazione di spille in lana d’Abruzzo, che sarebbero state poi devolute in beneficienza.

Invece Bianca e io abbiamo girato in lungo e in largo il padiglione 35. Ci siamo aggirate tra gli oltre 200 stand. Avrei comprato di tutto. Avrei voluto imparare a fare di tutto. Dai felt food, ai patchwork, al decoupage. Sono stata anche ad un passo dall’acquistare la fatidica Big Shot. Ma poi il realismo e la razionalità hanno avuto la meglio… ma mai dire mai!

Non paghe delle oltre sette ore trascorse in fiera, la sera ci siamo trattenute a Bologna per una cenetta tutti insieme, in un ristorante-pizzeria in zona fiera.

Domenica mattina, nonostante il fallimentare tentativo di svegliarci presto (avevo persino puntato la sveglia. Ma chi mi conosce sa che non è una novità che io non senta la sveglia), per pranzo eravamo nuovamente in quel paese dei Balocchi per chi sappia cosa farci con un ago e filo in mano!

Un ultimo giro tra gli stand. Qualche altro acquisto, ma niente Big Shot. Un’ultima chiacchiera con le nostre amiche, e intorno alle quattro del pomeriggio, abbiamo fatto ritorno a casa, ovviamente, tra le risate a crepapelle, anche se ci siamo portate via un leggero velo di tristezza per un’avventura durata forse troppo poco… ma c’è sempre l’edizione invernale di novembre, no?

Nonostante il dispiacere per aver sciolto il nostro gruppetto, è stato bellissimo rientrare in casa ed essere cinta da tre paia di piccole, tenere braccia.


Lo so: è passata quasi una settimana, e io per tutto questo tempo non ho scritto una riga al riguardo. E’ che io sono tornata a casa domenica scorsa, ma il mio cuore è arrivato giusto stamattina. Fino a ieri, a vedere le foto taggate qua e là su Facebook, mi prendeva una stretta proprio qui…

martedì 12 aprile 2011

La scuola che vorrei (45 di 365)


Arrivo lunga, ma arrivo.

Neanche a farlo apposta, in questa giornata in cui, a blog unificati, si è parlato e ancora si parla della Scuola, il nostro calendario scolastico prevedeva le assemblee di classe. I due terzi dei miei figli frequentano la seconda e la terza elementare.

Una volta ancora, sono uscita da questi incontri con un profondo senso di amarezza, perché questa che stanno frequentando i miei figli, non è la Scuola che vorrei.

Ma la Scuola che vorrei non è neanche quella che ho avuto io…

Voglio una Scuola uguale per tutti. Non voglio dover andare in pellegrinaggio per gli Istituti del quartiere alla ricerca di quello migliore e, una volta trovato, esibirmi in danze propiziatorie per aggiudicarmi la sezione in cui insegnino i maestri o professori più qualificati.

Voglio una Scuola che non sia più fatiscente, che per restare in piedi conti solo sul lavoro fisico di insegnanti e genitori. Ridipingere le pareti delle aule deve essere un piacere e un progetto didattico, non una necessità e l'unica alternativa.

Voglio una Scuola in grado di fornire il materiale didattico e offrire validi percorsi educativi ai suoi allievi, in tutti gli istituti e in tutte le città.

Voglio una Scuola gratuita, perché la “cultura”, almeno quella proposta nella scuola dell’obbligo, 
deve essere per tutti. Non è gratuita una scuola che richieda il versamento di quote annuali, per poter proporre progetti esterni alle materie curricolari. Non è gratuita una scuola che richieda ai genitori di tassarsi ogni anno, col versamento di un fondo cassa, per poter effettuare gite o procurarsi il materiale didattico. Non è gratuita una scuola che chieda ai suoi alunni di portarsi la carta igienica da casa.

Voglio una Scuola che motivi i suoi insegnanti e li gratifichi, invece di mortificarli e umiliarli.
Ma allo stesso tempo voglio insegnanti responsabili che non antepongano i propri interessi personali e privati a quelli degli alunni.

E ancor più, voglio insegnanti per vocazione. Quelli che amano gli alunni perché amano trasmettere il loro sapere. Un alunno ignorante è il frutto di un insegnante che non ha saputo arrivare a lui. Mi vien fin troppo facile parafrasare la parabola del buon pastore e della pecorella smarrita.

Al momento mi sento fortunata perché ai miei figli sono capitate in sorte delle valide insegnanti ma, e a dirlo non sono solo io, si tratta di perle rare e mosche bianche. E allora voglio una Scuola in cui queste mosche bianche e perle rare diventino la regola.

Siamo fortunati anche perché la nostra è una scuola che tende a promuovere l’autonomia dei bambini con progetti degni di nota, di cui sicuramente tornerò a parlare. Ma non voglio più una Scuola che lasci ai singoli Istituti la libera iniziativa su progetti così importanti per il corretto sviluppo dei nostri figli.



Questo post aderisce all'iniziativa di Blogging su Scuola Italiana 12 Aprile 2011

martedì 5 aprile 2011

Esempio e buon esempio (44 di 365)

Ultimamente mi sono soffermata a riflettere su quanto sia importante per i figli (almeno i miei, ma non credo siano gli unici… vero???) trovare delle conferme nel passato di noi genitori.

Ormai è un classico, qualsiasi sia l’argomento di conversazione (studio, amicizie, hobby etc), la domanda è quasi sempre la stessa: “Anche tu facevi così, mamma?”. Vogliono sapere tutto. Quali siano stati i miei errori; le mie scelte; i miei successi. E soprattutto, quando li rimprovero, mi chiedono se mia mamma facesse lo stesso con me.

E io?

Finché si parla di amicizie, anche se sono stata una “bambina difficile”, posso sempre fornire esempi positivi.

Ma come la mettiamo con quei lati oscuri per i quali a loro chiedo il massimo senza poter fornire un esempio da seguire? Basta dire “Anche se io qui ho mancato, vorrei che tu ce la facessi”?

Tempo fa, mentre eravamo in macchina (il nostro salotto di elezione) destinazione “scuola”, abbiamo avuto una conversazione molto interessante su “mamma, ma tu fumavi?”. Dopo aver “confessato” i miei peccati, siamo passati alla domanda B “E Nonna? Che ti diceva nonna?”… E che mi diceva nonna? Mia mamma ha sempre voluto che io fumassi solo in casa, e successivamente, che io avessi sempre in tasca il mio pacchetto di sigarette. Questo per evitare che mi venisse offerto chissà che… L’ho già detto che mia mamma era una donna letteralmente illuminata e di rara apertura mentale, vero?

Io non so come potrei reagire se mi dovessi trovare dalla parte di mia mamma, ma di sicuro mi porrei il problema di fare pistolotti moralistici senza diritto di farne. Potrebbe bastare dire loro che io mi sia limitata alle sigarette e che mi imposi di smettere, decisamente con successo, tre anni prima di rimanere incinta, per essere sicura di non “ricadere”?

Quando arriva il momento in cui un genitore smette di essere un esempio da seguire e diventa, agli occhi di un figlio, semplicemente un genitore?
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...