venerdì 7 giugno 2013

L'incompiuta


C’era una volta una Ragazzina di 16 anni che frequentava il II Liceo Classico.
Un giorno la Mamma le disse che sarebbe dovuta partire per lavoro, che sarebbe stata via un po’ di tempo, ma che tutto sommato questo tempo sarebbe passato in fretta. 

Lì per lì la Ragazzina non fu affatto felice all’idea di veder sparire dalla circolazione sua madre per un mese, ma se occasione formativa doveva essere, che esperienza formativa fosse, così chiese ed ottenne di non doversi trasferire armi e bagagli a casa dei nonni, ma rimase a casa sua con la promessa, ovviamente, che si sarebbe comportata bene, che non avrebbe organizzato rave party e che non si sarebbe attaccata al telefono ore e ore, con conseguente lievitazione della bolletta telefonica, ché le tariffe erano sì forse più basse di oggi, ma non c’era mica l’abbonamento flat all inclusive!

Fare finta di vivere da sola si rivelò fin da subito un’emozionante avventura. Non che la routine quotidiana avesse subìto una qualche variazione, ma ciò che aveva il sapore della trasgressione autorizzata era la gestione del tempo in totale autonomia. Mangiare quando avesse fame, dormire quando avesse sonno. No, andare a scuola quando ne avesse voglia non ebbe il coraggio di sperimentarlo!

Passata l’iniziale euforia per il vivere senza controllo, che poi si fa presto a dire “senza controllo”, vivendo nello stesso palazzo dei nonni,  una delle tante, ripetitive, sere trascorse sul divano, a guardare vecchi film sgranocchiando lo sgranocchiabile, colta da un’improvvisa ispirazione creativa (e pensare che avrebbe trascorso i successivi 25 anni convinta di non essersi mai messa in fila, quando la creatività venne distribuita), decise di preparare una sorpresa di bentornato per la Mamma. Più che altro la Ragazzina pensava in tal modo di riuscire a superare quei momenti di malinconia, che dopo 15 giorni di semi solitudine, iniziavano inevitabilmente a bussare alla porta del cuore.

Così, mentre il film continuava la sua corsa sul piccolo schermo, in un salotto ormai deserto, la Ragazzina si infilò con la testa dentro la scatola delle decalcomanie, e ne uscì solo dopo aver trovato quel che stesse cercando, la raffigurazione, piuttosto minimal, di un paesino di montagna con tanto di collina e fiorellini, pronto per essere trasferito a caldo (con il ferro da stiro) su uno scampolino di sfoffa ecru, trovato nel cestino da lavoro della Mamma.
Prese dalla mensola della stanza da lavoro la cassettina in legno in cui erano conservate, suddivise per tipologia e colore, perline e paillettes, e si mise subito all’opera. Il fatto che fosse già da diversi minuti passata la mezzanotte, era decisamente un dettaglio trascurabile.

Passarono i giorni, passarono le sere. E il lavoro procedeva a vele spiegate, per quanto possa andare a vele spiegate il lavoro di scelta, infilaggio e cucitura delle perline. Ma più si avvicinava la data del ritorno della Mamma, più il lavoro subiva battute d’arresto.

Finalmente la Mamma tornò, ma il lavorino era ancora lì nel cestino, accanto alla poltrona bergère rosso ruggine, su cui la Ragazzina era rimasta appollaiata a lavorare per più di quindici giorni.
Passarono i giorni. Passarono i mesi. Passarono gli anni. La Ragazzina divenne Donna, ma l’ultimo spicchietto di cielo non ci fu verso di vederlo riempito di perline.


Alla vigilia della nascita del suo primo nipotino, la Mamma tornò a casa con un pacchetto del corniciaio sotto al braccio…

4 commenti:

  1. Che tenerezza!!! L'ha incorniciato così...non finito? Ha più valore

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    1. Si... me l'ha chiesto per anni di finirlo... poi si è arresa!! E mi ha sempre detto che era proprio come me, da una parte "incompiuto" e dall'altra sempre "in progress"

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Se mi commenti, io sono contenta!

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